IL PARLAMENTO
dei liberi uomini di Bibbona

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Il 27 gennaio 1365 nel castello di Bibbona in Maremma ebbe luogo il parlamento degli uomini del Comune. Niente di “romantico” o di “epico”. Era solo un evento pubblico medievale, allora un po’ in declino, imposto da un’autorità per attuare dei cambiamenti su questioni costituzionali, pace e guerra, mutamenti territoriali o tasse.
A Bibbona avvenne così: il suono della campana civica e la voce del nunzio chiamarono al raduno gli uomini detti “liberi”, cioè i proprietari, e circa due terzi di loro, la “maior e sanior pars”, risposero all’appello, collocandosi tra le due porte del castello alla presenza del capitano-podestà Bergolino di Ugo dei conti di Montescudaio.


I loro nomi furono debitamente segnati dal notaio Lotto di Andrea di Guardistallo, il quale scrisse all’inizio della pergamena: “Ex hoc publico instrumentum sit omnibus manifestum quod ...” (da questo strumento pubblico sia manifesto a tutti che ...), facendo seguire la lunga lista degli uomini, che ci fa piacere riportare, come contributo alla storia di Bibbona e del suo forte castello.
Usiamo nella trascrizione non in latino del notaio ma il volgare (p. es. Giunta di Mico invece di “Iunta Mici”).
Questi gli uomini presenti:

Giunta di Mico,
Giovanni di Ciampo,
Domenico di Ghinuccio,
Giusto di Simone,
Antonio di Ianni,
Giovanni di Simone,
Peruccio di Pero,
Domenico di Boncio,
Pero di Gaddo,
Giovanni di Lupuccio,
Barsalone di Chianni,
Luca di Lupo,
Domenico di Pietro,
Coscio di Cegno,
Lupo di Bono,
Michele di Luca,
Giunta di Vannuccio,
Piero di Cenni,
Giovanni di Tomeo,
Bene di Giunta,
Chelino di Perino,
Lazzaro di Salvi,
Giovanni di Vannuccio,
Giovanni di Dino,
Niccolao di Gamotto,
Piero di Ghinuccio,
Gano di Iacobo,
Mone di Dino,
Dammo di Ghinuccio,
Giovanni di Bono,
Lenso di Ghinuccio,
Massetto di Mico,
Giovanni d Tanuccio,
Nerio di Chelino,
Tino di Mannino,
Lucarino di Ghinuccio,
Biagio da Mensano,
Barsalone di Lottino,
Domenico di Mico,
Domenico di Ianni,
Giovanni di Gaddo Cenci,
Pagnuccio di Barsalone,
Guido di Gardone,
Bino di Ianni,
Palmeruccio di Falcone,
Simone di Ghiottro,
Iacopo di Bindo,
Martino di Bossetto,
Ianni di Gaddo,
Barsalone di Vanni,
Giovanni di Donato,
Vanni di Ghessino,
Nerio di Coscio,
Neri di Bellino,
Verino di Ghino,
Michele di Neri Bici,
Bondo di Neri,
Luca di Pardo,
Giovanni di Ganino,
Colto di Iannello,
Ciuccio di Orsello,
Gano di Luca,
Piero di Simone,
Luca di Nerio,
Andreuccio di Talduccio,
Tone di Paltonesco,
Ghetto di Mico,
Gardino di Mucino,
Muccio di Chelino,
Barsalone di Nerassio,
Vannuccio di Sasso,
Vannuccio di Fazio e
Lupo di Caccione.


Si trattava di 73 uomini radunati su precetto del Comune di Pisa, “ut moris est” (come è d’uso), i quali con un po’ di immaginazione, vediamo collocarsi, in una fredda giornata d’inverno, tra le due porte castellane, presentarsi uno per uno al nobile Bergolino e al notaio e declinare nome e patronimico.
Il numero totale della loro associazione nel castello doveva essere di circa 120 individui. Si distinguevano all’epoca da coloro che non avevano beni ma unicamente dimora nel luogo, cioè lavoratori, donne con solo la dote o minorenni.

Non potendo questi uomini agire legalmente tutti insieme, quel giorno 27 gennaio ne fu nominato con decreto di Bergolino il sindaco e procuratore nella persona di un altro notaio, ser Iacobo del fu Bernardo della cappella di San Marco in via Calcesana a Pisa.
Costui sarebbe stato inviato al conservatore del Comune di Pisa per il pagamento delle tasse del Comune di Bibbona che per le calende del settembre prossimo venturo (il I del mese) avrebbe dovuto dare e “solvere” in due rate al camarlingo della Camera del Comune di Pisa 200 fiorini di buono e giusto peso per tutto il tempo passato e finito dal 1360 fino al 15 gennaio 1365 e da detto giorno fino al 15 gennaio prossimo futuro (1366).
“Occasione” (causa) era: dat(i)arum (di dazi), prestantiarum (di prestanze), segarum (di seghe, sic, imposte giornaliere sempre uguali come i denti di una sega), calbellarum (di gabelle), intarsiatarum (?), impositionum farine (di imposte della farina)”.
Era esclusa la tassa del sale.
In caso di insolvenza gli uomini avrebbero contribuito con i propri beni (“bona omnia obligandum”). Era previsto anche il carcere a Pisa e la detenzione fino alla soddisfazione di quanto richiesto.

Nella seconda parte della pergamena invece si rende manifesto che:

Lemmo di Ianni,
Giovanni di Placito,
Fuccino di Ghinuccio,
Cerbone di Lottino,
Giunta di Vivo,
Piero di Mazino,
Luca di Nerio,
Barsalone di Nerassio,
Matteo di Coscio,
Ianni di Gaddo,
Giunta di Bagardo,
Nerio di Coscio,
Verino di Ghino,
Vanni di Ghessino,
Muccio di Chelino,
Luca di Pardo,
Giovanni di Ganino e
Damo di Ghinuccio del Comune costituiscono ser Iacobo loro procuratore per la fideiussione del cavaliere ser Colo del Mosca della cappella di Santa Cristina, allora uno dei più importanti cittadini di Pisa.

Alla fine di entrambi gli atti appare l’interessante luogo del rogito: “Actum apud prosperam rationis comunis Bibbone positam intra dua portas castri Bibbone”, che significa: redatto presso il sedile o appoggiatoio della ‘ragione’, ovvero della pubblica aministrazione, del Comune di Bibbona posto tra le due porte del castello ...
Seguono i testimoni che erano due forestieri (né poteva essere diversamente): Matteo di Puccino da Bolgheri e Lando di ser Giovanni da Piombino.


Nelle vicende storiche che fecero da contorno al parlamento di Bibbona, ebbe parte la recente e conclusa guerra di Pisa contro Firenze e la battaglia di Cascina del 28 luglio 1364.
Il 31 agosto infatti era subito stata stipulata la pace con i relativi capitoli, uno dei quali imponeva che i fiorentini dovessero restituire ai pisani tutti i castelli loro tolti.
Poco tempo prima, il 12 agosto era stato nominato doge, ovvero signore di Pisa senza scadenza di mandato, il mercante Giovanni dell’Agnello. Ne sarebbe stato signore fino al 1368.

Paola Ircani Menichini, 5 marzo 2021.
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RICONOSCIMENTI


Le fotografie


– La chiesa di Sant’Ilario del Comune di Bibbona, foto di Rudolf Sedlaczwk, 2015. da Google maps.

– Il particolare della pergamena che cita il parlamento degli uomini di Bibbona (Archivio di Stato di Pisa).

– Illustrazione di vita sociale nel secolo XIV (il pellegrinaggio del 1300) dalle Croniche di Giovanni Sercambi – da Liber Liber.


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